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La battaglia sull’equo compenso nasce per superare il vuoto creatosi dopo l’abolizione dei minimi tariffari nel 2006 ed evitare le conseguenze di una deregolamentazione che ha portato, in questi anni, molte pubbliche amministrazioni a mettere a bando per 1 euro la consulenza dei professionisti e tante grandi imprese a dettare le regole del mercato. Dunque, sorprende il continuo rinvio dell’approvazione di una legge che ha già un suo riferimento legislativo nel Jobs Act degli Autonomi del 2017 e che oggi dovrebbe occuparsi di come ampliare questa tutela a beneficio di 2,3 milioni di professionisti. All’indomani del parere negativo della Commissione bilancio della Camera al ddl sull’equo compenso (A.C. 3179), ProfessionItaliane esprime stupore di fronte alle obiezioni emerse su una possibile ricaduta economica per le casse dello Stato di una misura di cui si discute da anni. “Crediamo che il lavoro dei professionisti ‒ spiega una nota di ProfessionItaliane ‒ meriti maggiore rispetto. Gli iscritti agli ordini sono i primi interlocutori dello Stato nel funzionamento della pubblica amministrazione. Dopo le liberalizzazioni, l’impegno delle rappresentanze istituzionali dei professionisti è stato sempre quello di arrivare ad un sistema chiaro e condiviso di remunerazione delle prestazioni. In questo senso gli Ordini rappresentano la migliore garanzia nell’individuazione e proposizione dei parametri di riferimento per la determinazione dei compensi dei professionisti. “Si tratta ‒ continua l’Associazione che racchiude al proprio interno le rappresentanze professionali di CUP e RPT ‒ di un riconoscimento proprio degli Ordini che, in funzione della loro natura sussidiaria, potranno assicurare non solo ai professionisti, ma anche alle imprese e alle pubbliche amministrazioni parametri individuati in modo oggettivo e trasparente”.

È auspicio di ProfessionItaliane che si trovi un accordo politico all’interno delle forze di maggioranza per fare in modo che il ddl 3179 – già frutto dell’unificazione di più proposte – ritrovi il necessario slancio per essere approvato entro la fine della Legislatura con un estensione ampia a tutte le realtà economiche, e non limitato solo alle imprese che nel triennio precedente al conferimento dell’incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di cinquanta lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro.